giovedì 30 ottobre 2014

AGGIORNAMENTO DEL CANONE ANCHE OLTRE L'INFLAZIONE

AGGIORNAMENTO DEL CANONE ANCHE OLTRE L'INFLAZIONE

È possibile, in un contratto di locazione 4+4, pattuire un adeguamento del canone basato sull'indice Istat al 100%, ma con una soglia minima? L'idea sarebbe di pattuire un adeguamento automatico al 100% dell'indice Istat, con un minimo pari all' 1% (tasso legale attualmente in vigore) che verrebbe riconosciuto nel caso l'indice Istat per quell'anno risultasse inferiore. Ciò allo scopo di garantire un minimo adeguamento anche in caso di indici Istat negativi, come quello di agosto 2014.
In base a quanto stabilito dalla legge 431 del 1998 di disciplina delle locazioni, è ora possibile prevedere un canone di locazione con aumenti predeterminati nel corso del rapporto, anche con la formula prospettata dal lettore. L'unico limite è dato dall'articolo 13 di detta legge che sancisce la nullità di ogni pattuizione volta a determinare l'importo del canone di locazione in misura superiore a quella risultante dal contratto scritto e registrato. Se le parti hanno sottoscritto il contratto, poi sottoposto a registrazione, ove è previsto un incremento del canone per gli anni successivi al primo, il relativo patto è pienamente valido ed efficace.
FONTE : CASA24PLUS 

Crescono gli annunci e i rogiti di case in vendita con la formula del rent to buy

Crescono gli annunci e i rogiti di case in vendita con la formula del rent to buy


di Dario Aquaro
«Possibilità di affitto con riscatto». «Proponiamo rent to buy». Gli annunci di vendita che aggiungono simili incisi sono aumentati negli ultimi anni in risposta alle difficoltà di ripresa del mercato immobiliare. Si propone sempre più la via di combinare un contratto di affitto a uno di vendita, aggiornando vecchie formule o inventandone di nuove: se non riesco a cedere l'immobile, consento a chi è interessato di goderne subito, con l'impegno (obbligo o facoltà) di acquisirne la proprietà entro qualche anno, imputando i canoni versati – o una loro quota – a pagamento di una parte di prezzo.
Il decreto Sblocca Italia prevede ora una «disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili», per eliminarne le incertezze normative (vedi articolo a lato). Certo si potrà continuare, come prima, a combinare più contratti, ma la codificazione della formula punta anche a rilanciare gli accordi, che al momento rimangono difficilmente misurabili. Confedilizia ha al proposito già stilato un contratto-tipo di rent to buy, elaborato dall'ufficio legale sulla base del decreto e richiedibile presso le sue associazioni territoriali.
Quanto alla “generica” disponibilità al rent to buy, i numeri sono ancora in ascesa: il sito Kijiji segnala ad esempio che negli ultimi tre mesi questo tipo di annunci è aumentato del 23 per cento. Negli ultimi due-tre anni è stato comunque sempre un susseguirsi di “boom” di offerte. Ma quante si traducano in accordi è un altro discorso. «Il fenomeno è in ascesa, ma ancora circoscritto – osserva Vincenzo de Tommaso, responsabile dell'ufficio studi Idealista.it –. È vero che secondo i nostri dati l'offerta di case in rent to buy è più che triplicata negli ultimi due anni. Ma si tratta di numeri piccoli, a oggi circa 1.800 annunci, che rappresentano meno dell'1% dell'offerta del portale. La formula viene proposta soprattutto per le case di nuova costruzione, in genere abitazioni di 2-3 locali». Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna sono le regioni pilota; anche se crescono Toscana e Lazio. In media si tratta di appartamenti di 90 mq, con un prezzo richiesto di 170mila euro.
Nel residenziale, secondo l'ufficio studi di Immobiliare.it, il 64% degli annunci di rent to buy si riferisce ad abitazioni nuove o in pronta consegna; il 28% a quelle appena ristrutturate e quindi comparabili al nuovo. Il 65% degli immobili si trova nelle regioni del nord, il 30% al centro e solo il 5% al sud. La formula – sottolineano – è proposta soprattutto da costruttori interessati a piazzare più immobili nello stesso complesso, perché implica una conoscenza approfondita dell'impianto normativo e una solidità economica che consenta di fatto di prolungare l'iter della compravendita.
La presunta diffidenza dei privati è superabile con servizi di consulenza e supporto specializzati. In Italia, la rete Rent to Buy Consulting dichiara di aver concluso oltre un centinaio di contratti (diversi già a rogito), con una progressione che dimostra il crescente interesse per lo strumento (50% delle firme nel 2014). E anzi il fondatore, Andrea Russo, che rivendica «l'assenza di fallimenti delle operazioni», afferma di lavorare più con i privati che con i costruttori, «che chiedono di solito un acconto e un canone di locazione più elevati proprio perché offrono immobili nuovi». In teoria il rent to buy aiuta in primis i costruttori, che devono smaltire l'invenduto: ma non si può nascondere – denunciano gli operatori – che spesso sia usato come pura leva di marketing, per attirare clientela e proporre poi altre soluzioni. La Ducale, società di sviluppo immobiliare del gruppo Tecnocasa, ha avviato i primi contratti di rent to buy nel 2011 e da allora ne ha sottoscritti 62, di cui 12 già andati a rogito. «Il bilancio è positivo – dice il responsabile commerciale Alberto Girino – ma abbiamo deciso di riposizionarci con prezzi più convenienti e quindi abbandonare le offerte di rent to buy: perché se abbasso il costo non posso “rimanere fuori” per tre anni. Il rent to buy ha senso solo in un approccio strategico di costanza di prezzo».
FONTE : CASA24PLUS

Libretto per gli impianti termici, il Piemonte si adegua

Libretto per gli impianti termici, il Piemonte si adegua

Istituito anche il catasto degli impianti termici per rendere uniformi le procedure di gestione


15/10/2014 - Con l'arrivo dell’obbligo di adeguare i libretti di impianto da oggi 15 ottobre, il Piemonte, con la delibera 13-381/2014, adotta i modelli regionali e istituisce il catasto degli impianti termici (CIT).
Libretto per gli impianti termici, il Piemonte si adegua


Ricordiamo che nei controlli effettuati a partire dal 15 ottobre 2014 bisogna utilizzare i nuovi modelli di libretto di impianto. L’obbligo è stato introdotto dal Dpr 74/2013, con cui è stato varato il regolamento in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici, seguito dal DM 10 febbraio 2014, che ha introdotto i modelli di libretto di impianto.

Questo significa che i proprietari degli impianti potranno rispettare le tempistiche normalmente previste per la manutenzione. L'importante è che, nei controlli eseguiti a partire da oggi 15 ottobre, sia consegnato loro il nuovo modello di libretto.

Dato che il DM 10 febbraio 2014 ha previsto che le Regioni possano introdurre delle integrazioni ai modelli dei libretti di impianto, il Piemonte si è adeguato, provvedendo anche ad istituire il CIT, catasto degli impianti termici, che avrà il compito di rendere uniformi le procedure di gestione degli impianti termici.

Prima dell’avvio del CIT a pieno regime, la delibera prevede un periodo di sperimentazione delle attività di caricamento dei nuovi modelli di libretto di impianto e dei rapporti di controllo di efficienza energetica dal 15 ottobre al 14 novembre 2014.

La trasmissione telematica dei dati relativi ai libretti di impianto e dei rapporti di controllo di efficienza energetica dovrà avvenire entro i 60 giorni successivi alla loro redazione. Nella fase di avvio, però, questo termine è innalzato a 90 giorni.

Nel caso in cui i modelli previsti dalla normativa nazionale siano stati utilizzati prima del 15 ottobre 2014, la trasmissione telematica al CIT dovrà avvenire entro il 15 marzo 2015.

Per l’inserimento nel CIT dei libretti redatti secondo la normativa precedente ci sarà invece tempo fino al 14 novembre 2014.
FONTE : EDILPORTALE.COM

E' nullo il contratto di appalto eseguito in assenza della concessione edilizia

E' nullo il contratto di appalto eseguito in assenza della concessione edilizia

In tema di validità del contratto di appalto per la realizzazione di opere stipulato senza la preventiva esistenza del permesso di costruire, è necessario distinguere tra opere realizzate prima della concessione del titolo abilitativo e interventi edilizi successivi ad esso; nel primo caso il contratto è nullo, mentre nel secondo resta valido.
Questa, in poche parole, la decisione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 21350 del 9 ottobre 2014.
Il caso. Il proprietario di un terreno commissiona all'impresa edile Alfa la realizzazione di una stalla. Questa la realizza ma il primo non paga; ne segue un ricorso per decreto ingiuntivo. A questo punto, per non pagare, il proprietario del terreno (e della stalla) si difende affermando che niente era dovuto in quanto il contratto di appalto era nulla per carenza della concessione edilizia.
Il processo di merito, tanto in primo, quanto in secondo grado, dava torto all'ingiunto. In particolare, secondo la sentenza d'appello – poi oggetto del ricorso in Cassazione – se era vero che il contratto era stato stipulato prima del rilascio della concessione edilizia ed anche le opere erano state realizzate e concluse prima di tale data, era altrettanto vero che il suddetto rilascio doveva essere considerato sanante di ogni eventuale vizio di nullità nel quale era eventualmente incorso il contratto d'appalto medesimo.
L'originario attore non condivideva questo assunto e proponeva ricorso per Cassazione. I giudici di piazza Cavour gli hanno dato ragione.
Si legge in sentenza, infatti, che “il contratto di appalto per la costruzione di un immobile senza concessione edilizia è nullo, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c., avendo un oggetto illecito, per violazione delle norme imperative in materia urbanistica, con la conseguenza che tale nullità, una volta verificatasi, impedisce sin dall'origine al contratto di produrre gli effetti suoi propri e ne impedisce anche la convalida ai sensi dell'art. 1423 c.c.( Cass. n. 4015/2007)”.
Per la ricorrenza della nullità, afferma la Corte, è necessario guardare non solamente alla data di stipula del contratto, ma anche a quella di realizzazione delle opere.
In buona sostanza, dicono gli ermellini, “il rigore di tale giurisprudenza è stato mitigato dall'affermazione del principio di diritto in base al quale l'illiceità del contratto di appalto è ravvisabile solo ove esso sia, di fatto, eseguito in carenza di concessione e non pure per il solo fatto che quest'ultima sia rilasciata dopo la data della stipulazione del contratto, di appalto, ma prima della realizzazione dell'opera, posto che non sarebbe conforme alla "mens legis" la sanzione di nullità irrogata per un contratto il cui adempimento sia stato intenzionalmente posposto al previo ottenimento della concessione o autorizzazione richiesta, con una condotta, quindi, aderente al precetto normativo, potendosi il contratto stesso, considerare sospensivamente condizionato, in forza di presupposizione, al previo ottenimento dell'atto amministrativo, mancante al momento della relativa stipulazione (V. Cass. n. 3913/2009)” (Cass. 9 ottobre 2014 n. 21350).

Cass. 9 ottobre 2014, n. 21350


Fonte :  www.condominioweb.com

Quando l'assemblea può vietare l'installazione di un pannello solare sul lastrico ad un condomino?

Quando l'assemblea può vietare l'installazione di un pannello solare sul lastrico ad un condomino?















Il fatto. Un condomino impugna una delibera adottata dall'assemblea del suo condomino rilevando che tale organo non lo aveva autorizzato adinstallare sul tetto condominiale otto pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. Nelle sue doglianze il condomino ribadisce che l'assemblea non aveva dato atto delle maggioranze attraverso le quali la delibera era stata adottata né del nominativo di coloro che avevano espresso voto favorevole o contrario.
Il condominio giustifica il diniego dell'autorizzazione al condomino di collocare sul tetto condominiale tali pannelli fotovoltaici sulla base del fatto che il condomino non aveva fornito all'amministratore alcun progetto specifico contravvenendo, in tal modo, a quanto specificatamente previsto dal terzo comma dell'articolo 1122 bis del codice civile. Inoltre il condominio motivava il diniego di tale autorizzazione in ragione di quanto previsto dall'articolo 5 del regolamento condominiale che vietava l'esecuzione di opere che potessero modificare l'architettura esterna del fabbricato violando i limiti previsti dall'articolo 1102 del codice civile in materia di uso delle parti comuni.
Lo svolgimento del processo. Il Giudice del Tribunale di Milano ha constatato che la delibera impugnata risulta viziata sia dalla mancata specifica indicazione della votazione per teste, sia perché il nuovo articolo 1122 bis del codice civile, introdotto dalla recente riforma del condominio attuata dalla legge n. 220 del 2012, non prevede alcun potere limitativo in capo all'assemblea quando uno dei condomini decida di installare sul tetto condominiale pannelli fotovoltaiciche, come è noto, consentono la produzione di energia sfruttando fonti rinnovabili.
Per quanto concerne il primo motivo di invalidità della delibera assembleare il giudice attraverso la sentenza in commento aderisce ad un orientamento giurisprudenziale consolidato che già prima dell'avvento della riforma del condominio ha in varie pronunce puntualizzato che “ai fini della validità delle deliberazioni assembleari devono essere individuati e riprodotti nel relativo verbale, i nomi dei condomini assenzienti e di quelli dissenzienti, ed i valori delle rispettive quote millesimali, pur in assenza di una espressa previsione in tal senso …” (Cass. Civ. 29 gennaio 199 n. 810; Cass. Civ. 7 marzo 2005, n. 4806).
Dopo aver ribadito, quindi, l'obbligo di indicare per teste i condomini assenti e dissenzienti e le quote rispettivamente rappresentate la sentenza in commento si sofferma sull'invalidità della delibera poiché l'assemblea ha esercitato una facoltà non concessagli dal nuovo articolo 1122 bis cc che, al fine di favorire l'utilizzo delle parti comuni da parte del singolo condomino, riconosce ad ogni condomino la facoltà di installare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili sul lastrico solare ( terzo comma articolo 1122 bis c.c.)
I limiti consesso assembleare. L'articolo 1122 bis del codice civile riconosce ad ogni condomino la possibilità di installare pannelli per la produzione di energia da fonti rinnovabili sul lastrico solare subordinando tale facoltà al fatto che l'interessato, nel momento in cui l'installazione in questione comporta delle modifiche alle parti comuni, ne dia comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi.
Per quanto concerne i poteri che l'assemblea può esercitare, in questi casi, occorre precisare che la stessa può instaurare la discussione e può imporre, attraverso una delibera assunta con le maggioranze prescritte dal quinto comma dell'art. 1136 c.c.(maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio), particolare cautele a salvaguardia del decoro architettonico, della stabilità e della sicurezza dell'edificio. Inoltre, l'assemblea, può subordinare l'esecuzione di tali lavori alla prestazione di particolare garanzia da parte dell'interessato.
In pratica dall'esame della nuova norma è possibile dedurre che l'assemblea, esaurite le attività appena citate, non ha alcuna facoltà di negare al condomino interessato l'autorizzazione ad eseguire tali impianti. Quindi l'assemblea di condominio non può vietare l'installazione al singolo condomino di pannelli fotovoltaici sul lastrico solare, ma può esclusivamente imporre particolari cautele quando tale opera influisca sulle parti comuni. Queste sono solo le facoltà che l'organo assembleare può esercitare in base a quanto sancito dal nuovo articolo 1122 bis del codice civile.
Tribunale di Milano n. 11707 del 7 ottobre 2014


Fonte :  www.condominioweb.com

Se non si insonorizza il locale si può anche rischiare la risoluzione del contratto di locazione?

Se non si insonorizza il locale si può anche rischiare la risoluzione del contratto di locazione?

L'affittuario viene meno all'impegno di insonorizzare la paninoteca. Il contratto può essere risolto per inadempimento. Non serve la prova che dal locale provenissero effettivamente dei rumori molesti, basta, infatti, il pregiudizio subito dal proprietario.
Il fatto. Il conduttore di un immobile ad uso commerciale cita in giudizio dinanzi al tribunale di Brescia il locatore: chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento sostenendo che il locatore non gli aveva fornito alcuna informazione in merito al titolo in ragione del quale deteneva l'immobile, ed in subordine chiedeva anche il rilascio da parte di quest'ultimo delle quietanze di pagamento.
Si costituiva il locatore che con domanda riconvenzionale chiedeva, dal canto suo, la risoluzione del contratto per inadempimento puntualizzando che il locatore non aveva eseguito le opere diinsonorizzazione del locale commerciale (bar paninoteca) venendo meno all'obbligo contrattuale assunto; ribadendo che la situazione venutasi a creare era insostenibile poiché il locale in questione era collocato al piano terra e che egli abitava, con la sua famiglia, al piano superiore ove si propagavano i rumori costanti provenienti dal locale.
Il tribunale di Brescia ha respinto le richieste del conduttore (attore) ed ha accolto, invece, la domanda riconvenzionale formulata dal locatore pronunciando la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore che non aveva apportato al locale commerciale le opere di insonorizzazione venendo meno, così, all'obbligo contrattuale assunto.
Il conduttore impugna dinanzi alla Corte d'appello di Brescia la sentenza di primo grado, ma le sue richieste vengono nuovamente respinte e viene confermata la sentenza di primo grado.
I motivi del ricorso in Cassazione e la decisione. Il conduttore, tuttavia, decide di impugnare anche la sentenza di secondo grado proponendo ricorso in Cassazione.
Con il primo motivo del ricorso il conduttore sostiene che la Corte d'appello avrebbe violato le norme sull'interpretazione del contratto ribadendo che l'obbligo di provvedere alla insonorizzazione dei locali fosse obbligo autonomo rispetto a quello di produrre rumori molesti. In buona sostanza, quindi, a parere del conduttore il giudice di merito avrebbe violato il principio sancito dall'articolo 1362 del codice civile norma che stabilisce che nell'interpretazione dei contratti non bisogna soffermarsi solo sul senso letterale delle singole clausole ma bisogna valutare la comune intenzione dei contraenti.
.La Suprema Corte ha rilevato che non sussiste alcuna violazione dell'articolo 1362 del codice civile, rilevando che il ricorrente voglia far prevalere la propria interpretazione del rapporto contrattuale sollecitando la Corte a pronunciarsi su una questione riservata esclusivamente al giudice di merito ed assolutamente incensurabile in sede di legittimità. Pertanto il primo motivo è stato dichiarato inammissibile dai giudici di legittimità.
Con il secondo motivo, inoltre, il ricorrente lamenta il fatto che il giudice d'appello non abbia tenuto conto della perizia prodotta che avrebbe dovuto dimostrare l'esecuzione, da parte sua, delle opere di insonorizzazione del suo locale commerciale; a tal proposito il giudice dei secondo grado aveva puntualizzato che tale perizia era un documento nuovo e pertanto doveva essere dichiarato inammissibile in virtù del principio sancito dal terzo comma dell'art. 345 cpc.
La Corte di Cassazione ha aderito alle conclusioni alle quali è giunta la decisione di secondo grado, condividendo pienamente un consolidato orientamento giurisprudenziale, in base al quale la perizia rappresenterebbe un approfondimento tecnico di fatti alla base della domanda di primo grado e pertanto la Corte d'appello ha legittimamente considerato inammissibile la stessa in quanto rappresenta un documento nuovo che soggiace alla regola prevista dal terzo comma dell'articolo 345 del codice di procedura civile: norma che stabilisce che nel giudizio d'appello, oltre alle domanda ed eccezioni nuove, non possono essere proposti nuovi documenti. (Cass. Sez. Un. n. 8202/2005).=> Quando i gestori dei locali vengono puniti per gli aschiamazzi prodotti dai clienti
Con il terzo motivo del ricorso il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1453 e 1455 del codice civile norme che disciplinano, rispettivamente, la risoluzione del contratto per inadempimento e l'importanza dell'inadempimento. A parere del ricorrente vi sarebbe stata una sproporzione fra la mancata esecuzione dei lavori di insonorizzazione al locale commerciale e la risoluzione del contratto che il giudice di prime cure aveva disposto.
Anche tale motivo è stato dichiarato infondato dalla sentenza in commento che ha precisato che i criteri per valutare la gravità dell'inadempimento sono stati dettagliatamente indicati da due importanti pronunce della Corte di Cassazione (Cass. 7083/2006;Cass. N. 1773/2001) le quali hanno stabilito che per verificare la gravità dell'inadempimento bisogna tener conto di parametri oggettivi in base ai quali verificare se lo stesso abbia influito sull'economia complessiva del rapporto contrattuale determinando uno squilibrio del sinallagma contrattuale.
Nel caso di specie la Corte d'Appello non si è discostata da tali parametri poiché tale corte di merito ha tenuto conto "dell'interesse concreto del locatore, in particolare in riferimento alla controprestazione di insonorizzazione dei locali, che aveva un peso economico non indifferente in quanto poneva un onere aggiuntivo in capo al conduttore …. e rispetto al quale il locatore aveva non solo un interesse patrimoniale ma anche un interesse personale" . In merito a quest'ultimo aspetto è utile ricordare che il locatore viveva con la sua famiglia nell'appartamento al piano superiore rispetto al locale commerciale locato, ed aveva pertanto un interesse personale preciso alla insonorizzazione, ad opera del conduttore, di tale locale.
Sulla base di tale ragionamento la Cassazione ha considerato pienamente legittime le pretese del locatore che vede accolta la propria richiesta di risoluzione del contratto per inadempimento a fronte della mancata esecuzione delle opere di insonorizzazione pattuite con il conduttore.

Corte di Cassazione del 17 luglio 2014 n. 22346


Fonte : www.condominioweb.com

Per gli agenti immobiliare nessun obbligo di contributo Enasarco

Per gli agenti immobiliare nessun obbligo di contributo Enasarco

 27 Ottobre 2014
 
Per gli agenti immobiliare nessun obbligo di contributo Enasarco
Enasarco risponde alla richiesta di chiarimenti da parte di Fimaa-Confcommercio dopo le indiscrezioni secondo cui, attraverso l'approvazione del nuovo statuto, la Fondazione avrebbe obbligato tutti gli intermediari e quindi anche gli agenti immobiliari a versare la contribuzione obbligatoria all'Ente.
Così la Fondazione Enasarco risponde alla richiesta di chiarimenti da parte di Fimaa-Confcommercio dopo le indiscrezioni a mezzo stampa che attribuiscono all'Ente la volontà di obbligare tutti gli intermediari, e quindi anche gli agenti immobiliari abilitati, a versare la contribuzione alla Fondazione.
FONTE : FIMAA

lunedì 27 ottobre 2014

Canone di locazione, niente aggiornamento ISTAT se non è il proprietario a domandarlo

Canone di locazione, niente aggiornamento ISTAT se non è il proprietario a domandarlo

Quando si parla di canoni di locazione, tanto per l'ipostesi di affitti di abitazioni, tanto per i casi di locazioni per usi non abitativi, si è soliti sentire parlare, per gli anni successivi al primo, di aggiornamento del canone secondo gli indici ISTAT. (Aggiornamento del canone di locazione: perchè basta l'invio della nuova fattura.)
Che cosa vuol dire e quando si applica tale aumento?
Partiamo dal primo dei due quesiti.
Il costo della vita e l'aggiornamento del canone di locazione
contratti di locazione, specialmente quelli di lunga durata (4+4 o 6+6), prevedono il pagamento di un canone quale corrispettivo per il godimento dell'immobile.
La somma pattuita al raggiungimento dell'accordo, è evidente, avrà un valore diverso negli anni. Spieghiamoci meglio. In termine di acquisto, il valore di 500 € nel 2014 è differente dal valore che quella stessa cifra avrà l'anno dopo o negli anni seguenti.
Per ovviare a questo inconveniente è possibile prevedere l'aggiornamento del canone di locazione agganciandolo al costo della vita.
Attualmente, per i contratti di locazione ad uso abitativo a canone libero, quelli così detti 4+4, non è previsto alcuno specifico riferimento normativo che consente tale aggiornamento.
Nel pieno vigore della legge n. 392/78 la norma applicabile per addivenire all'aggiornamento, era l'art. 24 della suddetta legge che recitava:
Per gli immobili adibiti ad uso d'abitazione il canone di locazione definito ai sensi degli articoli da 12 a 23 è aggiornato ogni anno in misura pari al 75% della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente.
L'aggiornamento del canone decorrerà dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata.
L'attuale legge che disciplina gli aspetti principali delle locazioni abitative fa riferimento agli indici ISTAT solamente per le ipotesi di blocco degli sfratti (cfr. art. 11 l. n. 431/98). Ciò vuol dire che l'aggiornamento del canone può essere valutato anche sulla base di altri parametri. C'è da dire che, nella realtà quotidiana, l'indice dei prezzi al consumo è il parametro unanimemente preso a riferimento.
Per le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, l'aggiornamento del canone è facoltativo (cfr.art. 32 l. n. 392/78).
In sostanza abolita la legge sull'equo canone, per entrambe le tipologie di locazioni l'aggiornamento del canone dev'essere previsto contrattualmente, altrimenti non è richiedibile.
E' bene ricordare che per le locazioni abitative rispetto alle quali s'è optato per la così detta cedolare secca, il proprietario dell'immobile, operando tale scelta, rinuncia agli aggiornamento del canone (cfr. d.lgs n. 23/2011).
La richiesta del canone nella nuova misura (Come chiedere l'aumento dell'affitto)
Avanziamo un esempio pratico per spiegare meglio il quali casi sia possibile pretendere l'aggiornamento del canone.
S'ipotizzi che Tizio ha locato a Caio un bene immobile (abitazione) per un canone mensile pari ad € 500,00. L'anno successivo, in ragione dell'aumento del costo della vita parametrato sulla base dei prezzi al consumo, il canone non dovrebbe più essere pari ad € 500,00 ma, supponiamo ad € 503,00.
In tali ipotesi, da quando è dovuta questa maggiorazione?
In un proprio arresto datato 26 maggio 2014, la Cassazione ha ricordato che “la richiesta di aggiornamento del canone da parte del locatore si pone come condizione per il sorgere del relativo diritto, con la conseguenza che il locatore stesso può pretendere il canone aggiornato solo dal momento di tale richiesta, senza che sia configurabile un suo diritto ad ottenere il pagamento degli arretrati […](v. Cass. n. 14673 del 2003)” (Cass. 26 maggio 2014 n. 11675).
Ciò vale tanto nel caso di locazioni ad uso abitativo, tanto per le ipotesi di locazioni per uso differente.
Insomma se il proprietario richiede bene, altrimenti non può avanzare pretese in un periodo successivo.
Resta ferma, ad avviso di chi scrive, la possibilità di prevedere l'aggiornamento automaticosenza necessità di comunicazioni al momento della stipula del contratto, inserendo una clausola nell'accordo in tal senso, oggetto poi di una specifica pattuizione.

Cass. 26 maggio 2014 n. 11675


Fonte : www.condominioweb.com

Affitti in nero. L'inquilino, con le sue dichiarazioni, può inchiodare il proprietario.

Affitti in nero. L'inquilino, con le sue dichiarazioni, può inchiodare il proprietario.


Le dichiarazione rese degli inquilini alla Guardia di Finanza, durante le verifiche fiscali nella lotta agli affitti in nero, raccolte e trasfuse nel processo verbale di constatazione, hanno valore indiziario, concorrendo a formare il convincimento del giudice unitamente ad altri elementi
Il caso.
Una contribuente impugnava quattro avvisi di accertamento, emessi dall'Agenzia delle Entrate, per maggiore imposta IRPEF dovuta su redditi fondiari, a seguito di rettifica, ai sensi dell'art.32 d.P.R. n. 600/1973.
Secondo i verificatori, infatti, erano emersi redditi da locazione di immobili di proprietà della contribuente non dichiarati (superiori a quelli risultanti da diversi contratti di locazione).
L'Amministrazione, soccombente sia dinanzi la CTP di Ancona che la CTR delle Marche, ricorreva in Corte di Cassazione.
Le doglianze dell'Agenzia delle Entrate.
L'Agenzia ricorrente lamentava, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 1 e 3, nonché dell'art. 2697 c.c., avendo i giudici tributari attribuito alle dichiarazioni rese dai terzi, in sede di verifica fiscale, valenza meramente indiziaria, insufficiente a sorreggere l'accertamento in rettifica della dichiarazione, in assenza di ulteriori elementi, come i dati bancari o gli investimenti mobiliari, laddove l'Ufficio aveva preso in considerazione non solo dette dichiarazioni ma anche altri aspetti (quali "la palese irrisorietà e discrepanza dei canoni di locazione dichiarati, rispetto ai valori di mercato, l'esistenza di altri contratti stipulati dalla stessa contribuente per appartamenti siti nello stesso stabile e corrispondenti all'effettivo prezzo di mercato, etc...").
Inoltre, l'Agenzia deduceva un vizio della sentenza, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa motivazione sul motivo di appello con il quale si era censurata la sentenza della C.T.P. proprio perché essa aveva erroneamente ritenuto che l'avviso di accertamento fosse stato "basato unicamente sulle dichiarazioni dei terzi".
La Commissione Tributaria, invero, aveva sostenuto che dovendo i redditi fondiari relativi agli immobili locati "trovare puntuale riscontro nei canoni indicati nei relativi contratti di affitto" ed essendo le somme dichiarate dalla contribuente "conformi ai contratti di affitto prodotti", l'accertamento doveva essere basato su "prove gravi, precise e concordanti, ex art. 2729 c.c.", il che non risultava, nella specie, essendosi l'Ufficio avvalso esclusivamente "delle dichiarazioni rese dagli inquilini ... non totalmente terzi, in quanto direttamente interessati", dichiarazioni, raccolte in sede di processo verbale di constatazione ed utilizzabili nel processo tributario, ma "da sole" insufficienti.
Secondo l'Amministrazione, dunque, la sentenza di prime cure aveva erroneamente ritenuto che l'accertamento fosse stato basato unicamente sulle dichiarazioni di terzi, quando invece la pretesa impositiva si era fondata anche su altri aspetti , quali la palese irrisorietà e discrepanza, rispetto ai valori di mercato, dei canoni di locazione dichiarati e l'esistenza di altri contratti stipulati dalla stessa contribuente per appartamenti siti nello stesso stabile e corrispondenti all'effettivo prezzo di mercato.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 16223 del 16.07.2014, accoglieva il ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio, per nuovo esame ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale delle Marche.
Il principio di diritto posto alla base della decisione.
Gli Ermellini hanno rilevato che: "[..] Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel processo tributario, le dichiarazioni del terzo, acquisite dalla G.d.F. e trasfuse nel processo verbale di constatazione, a sua volta recepito dall'avviso di accertamento, hanno valore indiziario, concorrendo a formare il convincimento del giudice unitamente ad altri elementi (Cass. 20.4.2007 n. 9402, Cass. 15.1.2007 n. 703; Cass. 9876/2011; Cass. 8369/2013). Il tutto, se riveste i caratteri all'art. 2729 cod. civ., da luogo a presunzioni semplici (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39), generalmente ammissibili nel contenzioso tributario, nonostante il divieto di prova testimoniale (Cass. 9402/2007).
La disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, ("non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale") limita infatti i poteri del giudice tributario e non pure i poteri degli organi di verifica. Pertanto, la limitazione vale soltanto per la diretta assunzione, da parte del giudice stesso, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, ovverosia per quella narrazione che, in quanto richiedente la formulazione di specifici capitoli e la prestazione di un giuramento da parte del terzo assunto quale teste, acquista un particolare valore probatorio. Le dichiarazioni, invece, dei terzi, raccolte da verificatori o finanzieri e inserite, anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell'ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di convincimento (cfr. Cass. 20032/2011; Cass. 21812/2012).
Alla luce dei principi che precedono, il "giudice a quo" avrebbe dovuto procedere all'esame di tutti gli indizi disponibili (le risposte date, agli accertatori della G.d.F., dagli inquilini o parenti di inquilini nello stabile, [..] ed anche i riscontri dal valore di mercato dei canoni di locazione ovvero dai prezzi praticati dalla stessa contribuente per altri appartamenti similari ubicati nello stesso stabile), posti a fondamento e motivazione degli avvisi, al fine di stabilire, con giudizio di merito, logicamente e congruamente motivato, l'eventuale sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, in presenza dei quali la pretesa erariale sarebbe fondata (C. 9402/2007)".
Orbene, le dichiarazioni degli inquilini (ma anche le dichiarazioni di terze persone) , acquisite dalla Guardia di Finanza, durante regolari controlli fiscali, rappresentano un indizio rilevante per la verifica del reddito del padrone di casa.
L'articolo 7 del D.Lgs. n. 546/1992 che dispone al IV comma: " non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale", limita i poteri del giudice tributario e non pure i poteri degli organi di verifica.
Così come il giudice tributario dovrà tenerne conto altresì anche di altri elementi quali le presunzioni, la documentazione acquisita e le eventuali movimentazioni finanziarie.
Il fine perseguito è ovviamente quello di contrastare il fenomeno degli affitti in nero, cercando di scovare il proprietario evasore che percepisce reddito da affitto senza dichiararlo.

Corte di Cassazione n. 16223 del 16.07.2014


Fonte : www.condominioweb.com

Banche: ecco come cambierá il rapporto con i clienti

Banche: ecco come cambierá il rapporto con i clienti

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Accordo siglato tra Bankitalia e Antitrust: ecco come cambia la trasparenza bancaria.


L'accordo raggiunto i questi giorni traBankitalia Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), ha il sapore della vittoria che segue ad uno scontro lungo e per lunghi tratti incerto. Il protocollo d'intesa, siglato in questi giorni dalle due autoritá, infatti, ha come obiettivo primario un maggiore impegno reciproco nel coordinamento di Banca d'Italia e Antitrust. In particolare, si va costituendo una più fitta collaborazione soprattutto per quanto riguarda documenti e informazioni, che entrambi gli enti intendono mettere a rispettiva disposizione.
Il problema principale intorno al quale Antitrust e Bankitalia banno avviato questa collaborazione, riguarda il rapporto tra le banche e i propri clienti. Lo scambio di documenti e informazioni avrà come scopo primario proprio quello di aumentare la trasparenza nei casi in cui si manifestano evidenti le situazioni più anomale, le violazioni più significative delle competenze delle due autorità in questione.
A tale proposito, il protocollo d'intesa prevede l'istituzione di un gruppo di lavoro permanente che abbia quale scopo, quello di vigilare sull'attuazione dei principi fondamentali dell'intesa. Bankitalia potrá inoltre, rilasciare un proprio parere sui procedimenti relativi alle pratiche commerciali scorrette, oggetto d'indagine da parte dell'Autorità Garante.
Ma gli scopi principali dell'intesa riguardano soprattutto la vigilanza bancaria. Secondo quanto riportato nel protocollo d'intesa, l'obiettivo principale rimane quello di aumentare la tutela dei consumatori in fatto, per esempio, di pubblicità ingannevole, o nei casi di palese violazione dei diritti dei consumatori. Altro obiettivo é quello di intensificare la vigilanza nei riguardi di pratiche commerciali scorrette e di portare alla luce leclausole vessatorie, magistralmente celate nelle pieghe contrattuali.
I clienti delle banche rimangono ad oggi tra le tipologie di consumatori maggiormente esposte a speculazioni o a vere e proprie frodi: dai tassi d'interesse fuori controllo a piani di ammortamento di fatto insostenibili, sono tanti i tranelli che il consumatore deve riuscire a schivare. Eppure la legge prevede che le banche possano incorrere in pesanti sanzioni da parte dell'AGCM, nel caso in cui non fossero ottemperate tutte le orme di trasparenza. Certo bisogna scoprirle, le frodi; ma questo, da oggi, dovrebbe diventare piú facile.
FONTE : SUPERMONEY

Detrazioni fiscali al 65 e 50%: ristrutturazioni casa, mobili e ecobonus, e ultime novità

Detrazioni fiscali al 65 e 50%: ristrutturazioni casa, mobili e ecobonus, e ultime novità

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Le novità dalla politica per le detrazioni fiscali 2015 per la casa tra ristrutturazioni, mobili e risparmio energetico

Detrazioni fiscali sulla casa al 65 e 50% nel 2015
Ottime novità sulle detrazioni fiscali al 65 e 50% per la casa: il bonus ristrutturazioni, mobili ed elettrodomestici e per il risparmioenergetico verrà confermato nel 2015 senza riduzioni rispetto al 2014. Si tratta di una decisione attesissima che sventa il rischio di vedere le detrazioni fiscali al 65% ridotte al 50% e quelle sulle ristrutturazioni e il recupero edilizio calare di 10 punti. Inoltre restano in piedi le detrazioni fiscali Irpef al 50% del 2014 su mobili ed elettrodomestici, con bonus che resterà come sempre correlato a quello sulle ristrutturazioni edilizia, in assenza del quale non potrà essere richiesto. L'ottima notizie giunta con la presentazione della Legge di stabilità non si accompagna tuttavia alla sperata riduzione dell'Iva al 4 per cento per il bonus su ristrutturazioni e risparmio energetico: la Ragioneria di stato ha infatti di recente bocciato la proposta: l'idea di portare l'Iva al 4 con contestuale innalzamento della stessa al 10 per le nuove costruzioni vendute da imprese è pertanto sfumata.
Ricapitolando, le detrazioni fiscali al 65 e 50% dell'ecobonus e su mobili, elettrodomestici e recupero edilizio, restano in piedi: le riduzioni previste dalla legge sono state sventate con la Legge di stabilità, e pertanto il calo si dovrebbe avere a partire da inizio 2016 (a meno che nel corso del prossimo anno non giungano delle nuove proroghe). Si faccia attenzione all'ecobonus per le parti in comune dei condomini, per il quale era prevista la possibilità di beneficiare di agevolazioni fiscali al 65% non fino al 31 dicembre 2014, ma fino al 30 giugno 2015. In questo caso con laLegge di stabilità del Governo Renzi si allunga la possibilità di beneficiare delle detrazioni fino al 31 dicembre del prossimo anno, ma dal primo gennaio del 2016 si avrà poi un calo diretto dal 65 al 36 per cento di detrazioni, senza quindi passare dallo step intermedio del 50 per cento. A tutti gli interessati ricordiamo che le agevolazioni fiscali sulla casa al 65 e 50% hanno la forma della detrazione in fase di dichiarazione dei redditi, e che gli importi incentivabili devono essere spalmati in dieci rate annuali di pari importo. Per ulteriori informazioni segnaliamo infine l'utilissimo sito creato dal Ministero appositamente per questa forma di incentivi: Casa.governo.it, dove si potranno consultare anche tutte le guide dell'Agenzia delle entrate in materia.
FONTE : SUPERMONEY

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