mercoledì 28 maggio 2014

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Detrazione 65% anche per gli interventi su immobili strumentali

Detrazione 65% anche per gli interventi su immobili strumentali

Entrate: a differenza del bonus ristrutturazioni, l’ecobonus vale anche per gli edifici usati per l’esercizio delle attività professionali e di impresa

28/05/2014 - Sono agevolabili gli interventi di riqualificazione energetica sugli immobili strumentali delle imprese. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la circolare 11/E/2014.
Detrazione 65% anche per gli interventi su immobili strumentali


Con la stessa circolare, il Fisco ha anche spiegato che i piccoli condomini devono richiedere il codice fiscale prima di avviare una ristrutturazione.

Riqualificazione energetica degli immobili strumentali 
Il Fisco ha ricordato che gli interventi di efficientamento energetico degli immobili godono di una detrazione del 65% fino al 31 dicembre 2014, che scenderà al 50% per tutto il 2015 e poi passerà al 36%.

Fin dal momento della sua istituzione con la Finanziaria 2007, il DM 19 febbraio 2007 ha definito le modalità per usufruire del bonus e i soggetti ammessi. Rientrano tra questi le persone fisiche, gli esercenti arti e professioni e i soggetti titolari di redditi di impresa che sostengono le spese per gli interventi di riqualificazione energetica.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, a differenza del Bonus sulle ristrutturazioni, che spetta solo per gli interventi effettuati sugli edifici residenziali, la detrazione fiscale per l’efficientamento energetico interessa gli edifici appartenenti  a tutte le categorie catastali, quindi anche gli immobili strumentali, usati per l’esercizio dell’arte, della professione o dell’impresa.

La detrazione, ha concluso il Fisco, compete anche se gli interventi sono realizzati in economia con riferimento ai costi di intervento, ad esempio utilizzando materiali non acquistati, ma prelevati dal magazzino.

Ristrutturazioni nei piccoli condomìni
Per realizzare lavori di ristrutturazione nei piccoli condomìni, è necessario che il condominio richieda il codice fiscale anche se non è stato nominato un amministratore.

L’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto spiegato che, quando più soggetti costruiscono insieme su un suolo comune o quando il proprietario unico vende ad altri soggetti le porzioni dell’edificio,  la nascita del condominio è automatica.

Il condominio, ha sottolineato il Fisco, ha la natura di sostituto di imposta. Ciò significa che deve  effettuare la ritenuta d’acconto ogni volta che corrisponde dei compensi. Perché queste operazioni siano possibili, è quindi necessario essere in possesso del codice fiscale, anche quando le dimensioni del condominio non rendono obbligatoria la nomina dell’amministratore.

Per poter pagare i lavori di ristrutturazione ed ottenere la detrazione fiscale del 50%, i condomini senza amministratore devono quindi richiedere il codice fiscale, che va indicato nel bonifico al fornitore.

Così come avviene per le spese, infine, anche la detrazione fiscale viene ripartita in base alle quote millesimali.
Fonte : EdilPortale.com

Bonus mobili ed elettrodomestici, eliminato il vincolo di spesa per le detrazioni fiscali

Bonus mobili ed elettrodomestici, eliminato il vincolo di spesa per le detrazioni fiscali

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Il vincolo di spesa sul bonus arredi da abbinare alle detrazioni per ristrutturazione casa è stato eliminato.

Eliminato il vincolo di spesa per il bonus arredi
Parliamo di detrazioni fiscali nella dichiarazione dei redditi, in particolare del bonus mobili ed elettrodomestici da abbinare necessariamente a quello perristrutturazione edilizia(entrambi portano a sgravi Irpef pari al 50% della spesa sostenuta): la conversione in legge del Decreto Casa del governo Renzi al Senato ha eliminato il vincolo di spesa secondo cui la spesa per gli arredi non può essere superiore a quella per i lavori di ristrutturazione, inserito nella prima versione del dl che modificava su questo punto l'impianto originario voluto dal governo Letta lo scorso anno. Ora si attende il voto favorevole da parte della Camera, sperando che non cambi ancora qualcosa.
Comunque, anche se cambiasse ancora, per la dichiarazione dei redditi che state facendo ora nella quale inserirete le detrazioni fiscali sulle spese per ristrutturazione casa e acquisto arredi effettuate nel 2013, non cambierà nulla perchè queste novità sono per le spese sostenute nel 2014, quindi segnate in dichiarazione dei redditi il prossimo anno.
Ora diamo conto di importanti punti su bonus mobili ed elettrodomestici in abbinato alle detrazioni per ristrutturazione casa, ma per una trattazione completa vi consigliamo anche la seguente guida, a cui ovviamente dovere integrare l'informazione attuale sul limite di spesa eliminato: Detrazioni fiscali acquisto mobili ed elettrodomestici, l'Agenzia delle Entrate specifica.
Le detrazioni fiscali per ristrutturazione casa sono al 50% della spesa sostenuta, massima 96mila euro, dopo il 26 giugno 2012, mentre il bonus arredi è per gli acquisti di mobili ed elettrodomestici tra il 6 giugno 2013 e il 31 dicembre 2014, massima spesa 10mila euro: fa fede la data del bonifico, oppure - in caso di pagamento con bancomat o carta di credito - la data di esecuzione dell'operazione (e non di addebito della somma sul conto corrente).
Questo perchè vale il principio di cassa e queste detrazioni fiscali sono solo per persone fisiche e condomini.
La conversione del Dl Casa al Senato ha eliminato il vincolo di spesa che impediva di avere detrazioni fiscali sulla parte di spesa per acquisto mobili e/o elettrodomestici superiore a quella per ristrutturazione. Insomma, per avere sgravi al 50% su quanto speso per l'arredo, non occorre che tale spesa sia inferiore a quella per ristrutturare, basta che non sia oltre i 10mila euro.
Importante: i lavori di ristrutturazione (straordinaria per singole unità immobiliari, anche solo ordinaria per le parti comuni di un condominio) devono essere iniziati prima dell'acquisto arredi, anche se i pagamenti possono essere successivi.
Fonte : SuperMoney

Ripartizione delle spese tra proprietari ed inquilini: ecco la nuova tabella

Ripartizione delle spese tra proprietari ed inquilini: ecco la nuova tabella

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Tabelle rinnovate dopo 15 anni: spese per gli impianti ai proprietari e spese di manutenzione agli inquilini.

Novità per le spese di proprietari e inquilini
E' stato rinnovato, dopo 15 anni, l'accordo tra Confedilizia e i sindacati degli inquilini (Sicet, Sunia, Uniat) sulla ripartizione delle spese tra i proprietari di appartamenti ed i loro inquilini.
A rendere necessaria una revisione delle vecchie tabelle, la necessità di un aggiornamento alla luce delle nuove problematiche introdotte dell'innovazione tecnologica, quali, per esempio, il cablaggio dei condomini, i sistemi di controllo video e le antenne satellitari.
Le principali casistiche prese in considerazione, a seconda che si tratti di spese condominiali o spese relative all'appartamento, seguono la linea guida secondo la quale, tutto ciò che modifica le caratteristiche del palazzo e dell'appartamento, è a carico del proprietario, mentre le manutenzioni periodiche funzionali al corretto funzionamento degli impianti, è a carico dell'inquilino.
  • Spese condominiali
In questa categoria rientrano le spese per gli impianti, ad esempio:
Ascensori - L'installazione e manutenzione straordinaria degli impianti e l'adeguamento delle nuove disposizioni di legge devono essere pagate dal proprietario; manutenzione ordinaria, consumi elettrici ispezioni e collaudi, sono a carico dell'inquilino;
Impianti videocitofoni e videosorveglianza - L'installazione è a carico del proprietario, mentre le manutenzioni sono a carico dell'inquilino;
Impianti di condizionamento e riscaldamento - L'installazione e il loro eventuale adeguamento toccano al proprietario, mentre la manutenzione ordinaria, i consumi di energia e di acqua, oltra alla pulizia degli autoclave, toccano all'inquilino;
Rifacimento interni e facciate - Trattandosi di lavori funzionali al mantenimento, se non all'incremento, del valore dell'immobile, questi rimangono a carico del proprietario, così come anche l'eventuale tassa di occupazione del suolo pubblico per che gli eventuali ponteggi. Imposta che va però pagata dall'inquilino nel caso in cui si riferisca al suolo antistante a cancelli e garage che è utilizzato da chi abita nel condominio;
Portineria - Lo stipendio di un eventuale portiere, è a carico dell'inquilino al 90% e del proprietario per il 10%.
Pulizie - Le spese di espletamento della gara d'appalto per la scelta dell'impresa sono a carico del proprietario, mentre le spese riguardanti i materiali e gli addetti sono a carico dell'inquilino.
  • Spese per l'appartamento
Pavimenti e rivestimenti - La loro sostituzione è a carico del proprietario;
Manutenzione ordinaria - Sono raggruppate in questa definizione tutte le riparazioni riguardanti infissi, sanitari, impianti di riscaldamento e tinteggiatura delle pareti che sono a carico dell'inquilino.
Per utilizzare la nuova tabella, sarà sufficiente richiamarla nei nuovi contratti, senza doverla allegare evitando quindi di sostenere altre spese di bollo.
I contraenti ritengono che il nuovo strumento, che si applicherà ad oltre 4 milioni e mezzo di contratti di affitto, consentirà una notevole diminuzione dei contenziosi legali connessi alla ripartizione delle spese tra proprietari ed inquilini.
Fonte : SuperMoney

Piano casa: è legge. Sostegno affitti, più alloggi, riduzione cedola secca, bonus-mobili

Piano casa: è legge. Sostegno affitti, più alloggi, riduzione cedola secca, bonus-mobili

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Il Piano casa è legge: sostegno affitti, più alloggi, riduzione cedola secca e no ai contratti in nero e abusivismo.

Piano casa legge: sostegno affitto e detrazioni
Maggiore sostegno per gli affitti a canone concordato, concessione di un numero maggiore di alloggi popolari. Aumento bonus-mobili eriduzione cedola secca. Possibilità per gli affittuari didenunciare i proprietari evasori e i contratti in nero. Pugno duro per chi occupa abusivamente un immobile. Il nuovo Piano casa è stato accolto con lanci di uova.
Il Piano casa diventa legge con 324 «sì» e 110 «no». Il sostegno per gli affitti e l'aumento del numero di alloggi popolari non sono solo parole. Lo ha annunciato il ministero delle Infrastrutture che ha disposto 400 milioni di euro atti allo svolgimento di interventi di recupero e adeguamento energetico di 12mila alloggi ex Iacp. Ulteriori 67,9 milioni di euro riguardano il recupero di 2300 appartamenti per le famiglie disagiate. Non sono mancate le proteste fuori da Montecitorio: alcuni gruppi di contestazione hanno accolto la notizia del decreto con lanci di uova.
Il Piano casa prevede tre misure di intervento, che riguardano un maggiore sostegno degli affitti a canone concordato, l'aumento della concessione di alloggi ex Iacp, e interventi per lo sviluppo dell'edilizia residenziale pubblica. Rafforzati anche gli interventi di recupero e ristrutturazione di immobili da destinare alle famiglie disagiate. 
Novità anche per la cedola secca, imposta sugli affitti percepiti dal proprietario nel periodo 2014-2017. La locazione di un immobile a canone concordato e sito in un comune ad alta tensione abitativa o colpito da calamità naturali, permette al proprietario di scegliere un'imposta fissa, slegata dal calcolo Irpef del 10%. Altresì, non dovranno essere più corrisposte le imposte di registro e bollo, rinunciando agli aggiornamenti Istat del canone di affitto.
Nell'ambito del sostegno affitto, il governo ha previsto un Fondo pubblico di 226 milioni di euro (per il periodo 2014-2020) per tutelare coloro che non possono pagare l'affitto a causa della perdita del lavoro. Al Fondo potranno accedere anche le cooperative edilizie e i soggetti operanti nel settore di costruzioni edilizie. Il Piano casa prevede la destinazione di una quota del Fondo a agenzie locali che assegnano alloggi ex Iacp o a soggetti con sfratto. 
I soggetti che abitano in alloggi sociali (in affitto) adibiti ad abitazione principale avranno una detrazione Irpef da 900 euro (redditi fino a 15.493 euro) e di 450 euro (reddito fino a 30.987 euro).
Arriva anche la possibilità per l'inquilino di denunciare il proprietario che non denuncia il contratto di affitto. Il piano casa introduce il divieto di sfratto fino al 2015. Dall'altro lato, il proprietario di una o più casa che risiede all'estero non dovrà più corrispondere la rata Imu su una di queste che sarà considerata prima casa.
Pugno duro per chi occupa abusivamente un immobile. Nessun diritto di residenza allaccio luce o gas. L'atto comporta la negazione di inserimento nelle liste di attesa di assegnazione di una casa popolare per il periodo di 5 anni.
Il nuovo Piano casa ripristina la percentuale del 55% per le detrazioni delbonus-mobili, per l'acquisto di mobili e elettrodomestici ad elevata efficienza energetica, prevedendo un tetto massimo di spesa di 10.000 euro. Il decreto, infatti, ha l'obiettivo di ripristinare gli alloggi utili alla collocazione di chi non può pagarsi un affitto, di quanti coloro si trovano in situazione di difficoltà economica per la perdita del lavoro o di chi necessita di effettuare delle opere di adeguamento nella propria abitazione.
Fonte : SuperMoney

Muro comune e danni derivanti da infiltrazione d'acqua. Il condominio è responsabile per i danni provocati al singolo condomino.

Ecco perchè il condominio è responsabile dei danni da infiltrazione d'acqua

Muro comune e danni derivanti da infiltrazione d'acqua. Il condominio è responsabile per i danni provocati al singolo condomino.

28/05/2014

Ricade in capo al condominio - ex art. 2051 c.c. – nella sua qualità di custode dei beni e dei servizi comuni, la responsabilità per i danni causati dai beni comuni alle proprietà esclusive. Il singolo condomino, di conseguenza, è legittimato ad agire nei confronti del condominio per l'ottenimento del risarcimento dei danni sofferti a causa del cattivo funzionamento di un impianto comune o per la difettosità di parti comuni dell'edificio stesso.
Tale principio è stato ribadito dal Tribunale di Brescia in una recente pronuncia, segnalata dall'Avv. Matteo Peroni, in relazione ad un procedimento instaurato da un singolo condomino, il quale richiedeva il risarcimento dei danni subiti propria abitazione a causa di vizi delle parti comuni, nei confronti del condominio e dell'amministratore.
Il caso – Il condomino Tizio, con atto di citazione ritualmente notificato, nella qualità di proprietario dell'immobile adibito a civile abitazione, facente parte del condominio X, conveniva in giudizio il quest'ultimo e personalmente l'amministratore desumendo che dal 2005 vi era la presenza di una serie di infiltrazioni d'acqua all'interno del suo appartamento, conseguenti allo stato di deterioramento di parti comuni dell'edificio condominiale; che lo stesso aveva segnalato più volte l'accaduto all'amministratore, senza mai ricevere nessun effettivo riscontro e che lo stesso condomino aveva incaricato un geometra, il quale, dopo un sopralluogo ed accurata consulenza, sottolineava la necessità di una serie di interventi di manutenzione.
L'amministratore del condominio, dal canto suo, adduceva che le infiltrazioni non provenivano da parti condominiali ma dall'immobile confinante di proprietà di terzi, in particolare da una terrazza, e eccepiva una presunta responsabilità nei suoi confronti in quanto adduceva un suo comportamento altamente diligente.
Tizio però, ritenendo che le infiltrazioni provenissero da difetto di manutenzione delle parti comuni citava in giudizio amministratore e condominio chiedendone la condanna, in solido, a porre in essere tutti i rimedi atti a rimuovere le cause delle infiltrazioni d'acqua nonché al risarcimento di tutti i danni subiti.
Il Giudice, nel corso della causa, disponeva una consulenza tecnica d'ufficio affinché venisse stabilita la causa effettiva dei danni subiti dall'immobile di Tizio.
La decisione del Tribunale – Il Giudice bresciano, per la decisione di tale controversia, richiama nel corpo della sentenza alcune pronunce della Suprema Corte applicabili alla fattispecie esaminata. Infatti, nella sentenza si richiama il principio secondo il quale il condominio è “custode dei beni e dei servizi comuni, obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché gli stessi non rechino pregiudizio ad alcuno”, di conseguenza “ai sensi dell'art. 2051 c.c. risponde dei danni da quei beni cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini” (ex multìs Cass. n. 26051/2008).
Quindi, di conseguenza, il singolo condomino, può agire nei confronti del condominio per il risarcimento dei danni sofferti per il cattivo funzionamento di un impianto comune o per la difettosità di parti comuni dell'edificio, dalle quali provengono, ad esempio, le infiltrazioni d'acqua pregiudizievoli per gli ambienti di sua proprietà esclusiva. Il Giudice quindi applica la disciplina dettata dall'art. 2051 del codice civile, articolo sovente usato per la responsabilità delle Pubbliche Amministrazioni per danni da cose in custodia, altresì alla disciplina inerente il condominio, ma in quanto responsabilità avente carattere oggettivo, affinché essa possa, in concreto, configurarsi è necessario che l'attore dimostri il verificarsi dell'evento dannoso ed il nesso di causalità.
Nel caso in esame la sussistenza dell'evento dannoso subito da Tizio non è oggetto di contestazione, in quanto pacificamente riconosciuto sia dalla relazione tecnica del geometra, redatta in un momento antecedente all'instaurazione del giudizio e sia dalla relazione tecnica del CTU.
Per quanto concerne invece la sussistenza del nesso di causalità, anch'esso è accertato, ai sensi dell'art. 1117 c.c., in quanto il muro di confine del condominio era stato realizzato con materiale dì scarsa qualità, degradandosi nel tempo e causando le infiltrazioni con i conseguenti danni all'immobile di proprietà di Tizio, come risultava dalla CTU.
Quindi, la causa originaria delle infiltrazioni va ricondotta unicamente all'inidoneità del muro comune (per il materiale con cui fu realizzato e per l'assenza di lattoneria di protezione) a veicolare l'acqua al di fuori della struttura cementizia.
Infine, rilevato che il muro in questione è definibile “muro comune” ai due edifici (quello condominiale e quello ove insiste la terrazza indicata dai convenuti come responsabile dei danni), ai sensi dell'art. 880 c.c., va dichiarata la responsabilità solidale in capo ai comproprietari e, dunque, anche in capo al condominio convenuto.
Va perciò disposta la condanna del condominio al risarcimento del danno subito dall'attore.
L'azione di responsabilità personale dell'amministratrice invece è dichiarata infondata dal Giudice, in quanto, nel corso di causa si è accertato che l'amministratrice ha denunciato l'evento all'assicurazione del condominio, adoperandosi diligentemente e quindi va esclusa qualsiasi violazione delle regole di diligenza poste dalla legge in capo al mandatario, ossia l'amministratore, nei confronti del mandante, ossia il condominio.
Art. 2051 e condominio – Tale pronuncia è assai importante in quanto ribadisce l'applicabilità della sfera operativa dell'art. 2051 al condominio. L'art. 2051 cc dispone che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”
In particolare, si tratta di una responsabilità extracontrattuale dei singoli condomini per i danni cagionati, a condomini o terzi, dalle parti comuni degli edifici. Infatti, l'asserita natura giuridica del condominio, il quale quindi non è dotato di una personalità giuridica, comporta che responsabilità del condominio, ricada, di riflesso, sui singoli condomini. Ed il custode individuato nella norma in esame dei c.d. “beni comuni” (es. tetto, muri perimetrali, scale, ecc.) è proprio il condominio in quanto tale, il quale ha quindi l'obbligo giuridico di custodire tali beni ed impedire che essi possano arrecare dei danni a terzi o ai condomini stessi, come nel caso esaminato.
Si ringrazia per la segnalazione della sentenza l'Avv. Matteo Peroni
Da non perdere:



Fonte : condominioweb.com 

Prima di comprar casa accertatevi dell'effettiva proprietà. Responsabili in solido notaio e geometra che non hanno effettuato le dovute verifiche

Prima di comprar casa accertatevi dell'effettiva proprietà. Responsabili in solido notaio e geometra che non hanno effettuato le dovute verifiche

27/05/2014
Avv. Leonarda Colucci.
Una recente sentenza della Corte d'Appello di Milano affronta una delicata problematica e cioè quelle della responsabilità dei professionisti che, dopo aver partecipato ad una compravendita immobiliare, non hanno effettuato le necessarie verifiche per accertare l'effettiva proprietà del bene immobile in capo ai venditori.
Il fatto. Al centro della vicenda giudiziaria si colloca quanto accaduto all'acquirente di un immobile, che dopo aver stipulato un contratto di compravendita, avvia le pratiche di ristrutturazione del bene acquistato ma ha una sgradita sorpresa: una parte del bene immobile acquisito non risultavano esserne gli effettivi titolari del bene venduto.
Preso atto dell'accaduto la signora cita in giudizio i venditori chiedendo che il Giudice accerti la nullità parziale del contatto di compravendita condannando i convenuti alla restituzione del prezzo pagato, limitatamente alla parte del prezzo dell'immobile riferito alla particella per la quale i venditori non risultavano proprietari, ed al risarcimento dei danni subiti, oltre al recupero delle spese notarili e tecniche sopportate.
I convenuti, si costituiscono in giudizio, dichiarando di aver ricevuto in eredità il bene immobile successivamente venduto all'attrice, ribadendo che in ragione della loro intenzione di vendere l'immobile avevano conferito incarico ad un geometra affinché provvedesse ai necessari aggiornamenti catastali e, confidando nel fatto che tale professionista avesse svolto il suo incarico diligentemente, avevano deciso dopo aver sistemato le carte di vendere l'immobile.
Sorpresi dell'increscioso equivoco venutosi a creare, i venditori chiedevano un differimento della prima udienza al fine di provvedere alla chiamata in causa dei due professionisti (geometra e notaio) che avevano esercitato la loro attività prima e durante la stipula del contratto di compravendita dell'immobile di loro proprietà.
Tralasciando i dettagli relativi alla svolgimento del giudizio di primo grado, lo stesso si conclude con una sentenza di condanna del geometra e del notaio ritenuti responsabili: il primo di non aver correttamente aggiornato i dati catastali e di non aver verificato la veridicità dei dati forniti dai venditori, ed il secondo ( e cioè il notaio) di essersi soffermato solo sulla relazione fornitagli dal geometra e di non aver verificato se i venditori risultassero gli effettivi proprietari dell'immobile venduto provvedendo a redigere, quindi, un contratto nullo.
Il giudizio di secondo grado. Notaio e geometra impugnano dinanzi alla Corte di Appello di Milano la sentenza che li dichiara responsabili, articolando nel seguente modo le loro difese.
Per quanto riguarda il notaio, egli ha ribadito di aver svolto tutti gli accertamenti necessari adempiendo all'incarico ricevuto per la stipula dell'atto pubblico avente ad oggetto la compravendita dell' immobile in questione, e per sottrarsi alle sue responsabilità puntualizza che l'unico responsabile dell'accaduto era il geometra che non aveva provveduto all'aggiornamento catastale dei dati dell'immobile ricevuto in eredità dai fratelli venditori.
Dal canto suo, invece, il geometra si difende sostenendo, invece, che il suo incarico si limitasse esclusivamente alla redazione delle nuove schede catastali basandosi esclusivamente sulle dichiarazioni dei venditori e di non avere alcun obbligo di consultare i titoli di provenienza delle singoli subalterni di cui si componeva l'immobile (cascina, fienile, stalla). Tale leggerezza ha fatto si che il geometra non prendesse atto che uno di tali subalterni, sicuramente per un vecchio errore di accatastamento, non risultasse di proprietà dei venditori. Tale svista ha prodotto come effetto che il notaio, che a sua volta non ha verificato la veridicità dei dati fornitigli dal geometra, partecipasse alla stipula di un contratto nullo poiché contribuiva alla vendita di un bene non interamente appartenente ai venditori.
La sentenza della Corte d'Appello di Milano. La Corte d'Appello di Milano respinge le difese dei due professionisti (geometra e notaio) ed emette nei loro confronti una sentenza di condanna al rimborso ai venditori degli importi che questi ultimi devono rendere all'acquirente dell'immobile (attrice nel giudizio di primo grado ed appellata in quello di secondo grado).
In particolare riguardo al lavoro svolto dal geometra la Corte d'appello di Milano ha precisato che l'aggiornamento dei dati catastali non poteva prescindere dal controllo che la proprietà dei beni fosse effettivamente riconducibile ai venditori. Il geometra, secondo i giudici della Corte d'Appello, avrebbe dovuto esaminare i titoli di acquisto della proprietà dei venditori ed avrebbe dovuto constatare che la particella ove ricadeva l'immobile si componeva di una serie subalterni (stalle, fienile della cascina) e da tale esame avrebbe constatato che uno di tali subalterni non risultava, forse per errato accatastamento, di proprietà dei venditori.
Questa semplice operazione avrebbe evitato l'infedele riproduzione, nelle planimetrie, dello stato dei luoghi ed avrebbe evitato all'acquirente di scoprire, al momento della ristrutturazione, di non essere l'effettivo proprietario di una parte dell'immobile acquistato.
Oltre al geometra, anche il notaio secondo la sentenza del Corte di Appello di Milano è responsabile poiché non avrebbe dovuto redigere l'atto basandosi solo sulla relazione del tecnico (geometra) senza consultare i precedenti atti di provenienza che certificavano la proprietà dei venditori. A tal riguardo la sentenza ha giustamente evidenziato che le risultanze dei registri catastali “hanno un valore meramente indiziario e da esse non può trarsi la prova decisiva della consistenza degli immobili e della loro appartenenza”.
In altre parole questo vuol dire che nelle compravendite immobiliari per l'esatta individuazione dell'oggetto del contrattobisogna tener conto del contenuto descrittivo dei titoli e dei confini indicati dallo stesso non essendo sufficienti i soli dati catastali.
Attenzione, quindi, se acquistate un immobile accertatevi che la proprietà in capo ai venditori sia stata accuratamente accertata dal notaio.



Fonte : condominioweb.com 

Compravendita immobiliare con pagamenti dilazionati. È necessario indicare analiticamente le modalità di pagamento.

Compravendita immobiliare con pagamenti dilazionati. È necessario indicare analiticamente le modalità di pagamento.

27/05/2014
Il chiarimento. La risoluzione nasce dalla necessità di chiarire le istanze indirizzate all'Agenzia dell'Entrate, in cui sono stati chieste delucidazioni circa la possibilità di applicare le regole del 'prezzo-valore', ex art. 1, c. 497, della L. n. 266/2005(legge finanziaria per il 2006), per la determinazione della base imponibile delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in relazione ad un atto di compravendita immobiliare, per il quale i contraenti convengono che una parte del prezzo dell'immobile venga corrisposto in data successiva alla stipula dell'atto. (Se gli acquirenti sono a conoscenza dello stato dell'immobile non si può chiedere la riduzione del prezzo)
Il comma 497 suindicato così dispone: ”In deroga alla disciplina di cui all'articolo 43 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR), e fatta salva l'applicazione dell'articolo 39, primo comma, lettera d), ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali e' costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell' articolo 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell'atto. Le parti hanno comunque l'obbligo di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito…”.
Per "prezzo-valore" si intende, dunque, il principio in base al quale la compravendita che ha ad oggetto un immobile abitativo ed ha come acquirente una persona fisica viene tassato non con la regola "ordinaria" (corrente valore di mercato del bene), ma prendendo come base imponibile la rendita catastale, rivalutata con i relativi coefficienti di aggiornamento. In presenza delle suindicate condizioni, il seguente comma 498, dello stesso art. 1 della L. n. 266 del 2005, pone per l'Amministrazione finanziaria un limite al potere di accertamento di valore previsto dall'art. 52, c. 1, del TUR.
Infatti, il comma 498 così dispone: “I contribuenti che si avvalgono delle disposizioni di cui ai commi 496 e 497 sono esclusi dai controlli di cui al comma 495 e nei loro confronti non trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 38, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 52, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986…”.
Mentre l'art. 35, misure di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale, c. 22, del D.L. n. 223/2006, convertito con modificazioni dalla L. n. 248/2006, dispone che le parti hanno l'obbligo di rendere, all'atto della cessione dell'immobile, apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà recante l'indicazione dettagliata delle modalità di pagamento del corrispettivo.
L'obbligo dell'indicazione analitica delle modalità di pagamento del prezzo, rispondendo a precise finalità antievasive e di prevenzione del riciclaggio di proventi derivanti da attività illecite sussiste, in linea generale, per tutti i pagamenti afferenti ad atti di compravendita immobiliare.
Il suindicato comma così dispone:
“22. All'atto della cessione dell'immobile, anche se assoggettata ad IVA, le parti hanno l'obbligo di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà recante l'indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo. Con le medesime modalità, ciascuna delle parti ha l'obbligo di dichiarare:
a) se si è avvalsa di un mediatore e, nell'ipotesi affermativa, di fornire i dati identificativi del titolare, se persona fisica, o la denominazione, la ragione sociale ed i dati identificativi del legale rappresentante, se soggetto diverso da persona fisica, ovvero del mediatore non legale rappresentante che ha operato per la stessa società;
b) il codice fiscale o la partita IVA;
c) il numero di iscrizione al ruolo degli agenti di affari in mediazione e della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di riferimento per il titolare ovvero per il legale rappresentante o mediatore che ha operato per la stessa società;
d) l'ammontare della spesa sostenuta per tale attività e le analitiche modalità di pagamento della stessa.
22.1. In caso di assenza dell'iscrizione al ruolo di agenti di affari in mediazione ai sensi della legge 3 febbraio 1989, n. 39, e successive modificazioni, il notaio è obbligato ad effettuare specifica segnalazione all'Agenzia delle entrate di competenza. In caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei dati di cui al comma 22, si applica la sanzione amministrativa da 500 euro a 10.000 euro e, ai fini dell'imposta di registro, i beni trasferiti sono assoggettati a rettifica di valore ai sensi dell'articolo 52, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni”.
Questa norma è assistita da uno straordinario apparato sanzionatorio:
- la sanzione amministrativa da 500,00 a 10.000,00 €;
- la sottoposizione del contratto (se si tratta di atto soggetto a imposta di registro, tassato con il principio del "prezzo-valore") all'ordinaria procedura di accertamento, vale a dire la determinazione della base imponibile in misura pari al valore di mercato del bene;
- la sanzione penale applicabile (art. 76, d.P.R. n. 445/00) prevista, con riferimento alle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà, a carico di chi rilascia dichiarazioni mendaci.
In mancanza della suindicata dichiarazione, l'Amministrazione finanziaria può sottoporre ad accertamento di valore, ex art. 52, c. 1, del d.P.R. n. 131/1986, l'immobile oggetto del trasferimento.
Orbene, osservata la portata generale del comma 22 dell'art.35 predetto, che investe tutte le cessioni di immobili a titolo oneroso, anche se rientranti nel campo di applicazione dell'IVA, la preclusione dell'accertamento di valore ex art.52, primo comma, del TUR viene meno anche con riferimento alle vendite di abitazioni nei confronti di privati ex art. 1, comma 497, della L. n. 266/2005, qualora in atto non siano indicate in modo analitico le modalità di pagamento del corrispettivo.
È stato chiesto, pertanto, se l'obbligo di indicazione dettagliata delle modalità di pagamento possa ritenersi ottemperato anche nel caso in cui siano oggetto della dichiarazione sostitutiva solo i pagamenti effettuati in data antecedente o contestuale al rogito, tenuto conto che per i pagamenti che avverranno in seguito le parti non sono nelle condizioni di determinare, in sede di stipula dell'atto, i relativi estremi di pagamento.
La risoluzione dell'Agenzia delle Entrate. “Con particolare riferimento al quesito posto, occorre, tuttavia, considerare che la tracciabilità, nel senso di indicazione analitica delle modalità di pagamento, non può essere pretesa, evidentemente, in relazione a pagamenti che saranno effettuati successivamente rispetto all'atto di cessione immobiliare.
Benché, infatti, la chiara formulazione normativa del comma 22 esiga tale indicazione proprio nel momento della cessione, manca la possibilità per le parti contraenti di fornire, in detto momento, gli estremi di tutti i pagamenti che compongono il corrispettivo complessivamente pattuito (in quanto si verificheranno solo in data successiva alla firma dell'atto di cessione).
Quanto sopra induce a ritenere che, in relazione ai pagamenti rinviati ad un momento successivo rispetto al perfezionamento degli atti di cessione di diritti immobiliari, l'obbligo di indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo possa essere assolto fornendo in atto gli elementi utili alla identificazione, in termini di tempi, importi ed eventuali modalità di versamento, di quanto dovuto a saldo. Del resto, è nella piena facoltà dell'Amministrazione Finanziaria, nell'ambito dei poteri di controllo di competenza, di procedere comunque a verificare la coerenza tra le corrispondenti movimentazioni finanziarie, una volta manifestatesi, e i patti conclusi tra acquirente e venditore. (Cosa può influire sull'aumento del valore immobiliare nella compravendita?)
In tali casi, l'indicazione nell'atto degli elementi relativi ai pagamenti futuri esclude che possa essere irrogata la sanzione amministrativa e la correlata sanzione impropria, ossia l'assoggettamento dell'atto alla procedura di accertamento di maggior valore ex articolo 52, primo comma, del TUR, con sostanziale disapplicazione del regime del 'prezzo-valore'”.
L'Agenzia delle Entrate, dunque, precisa come, in relazione ai pagamenti rinviati ad un tempo successivo rispetto al perfezionamento degli atti di cessione di diritti immobiliari, l'obbligo di indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo possa essere ottemperato fornendo in atto gli elementi utili alla identificazione, in termini di tempi, importi ed eventuali modalità di versamento, di quanto dovuto a saldo. In questi casi, l'indicazione nell'atto degli elementi concernenti i pagamenti futuri esclude che possa essere irrogata la sanzione amministrativa e la correlata sanzione impropria, ossia l'assoggettamento dell'atto alla procedura di accertamento di maggior valore ex art. 52, primo comma, del TUR, con sostanziale disapplicazione del regime del ‘prezzo-valore'.
Allegato
Indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo nel caso di pagamenti rinviati ad un momento successivo rispetto al perfezionamento degli atti di cessione immobiliare – articolo 35, comma 22, del DL 4 luglio 2006, n. 223



Fonti : condominioweb.com 

Spese condominiali, bisogna pagarle anche quando non s'è mai stati convocati?

Spese condominiali, bisogna pagarle anche quando non s'è mai stati convocati?

26/05/2014

Sono proprietario da diversi anni di un locale commerciale ubicato in un edificio in condominio. Per tutto questo tempo non sono mai stato convocato a partecipare ad assemblee condominiali, tant'è che pensavo di non avere nulla a che fare con il condominio. Qualche giorno addietro mi è arrivata una richiesta di pagamento di spese condominiali. Che cosa devo fare?
Una premessa pare doveroso: non abbiamo conoscenza degli atti d'acquisto e del regolamento di quel condominio. In buona sostanza non v'è conoscenza di eventuali esoneri dell'unità immobiliare dell'utente dalla partecipazione alle spese condominiali. Come dire: la nostra dissertazione sull'argomento avrà valore indicativo a livello generale.
Non è raro che i condomini restino ignari per lunghi periodo dell'esistenza di spese condominiali inerenti la loro unità immobiliare. La loro ignoranza sul punto può essere scusata solamente, ma unicamente in via parziale, se la loro presenza è stata colpevolmente trascurata. Spieghiamoci meglio.
Obbligo di contribuzione alle spese condominiali
Si dice, parlando di debito pubblico, che ogni nuova persona che nasce lo fa già con la “sua bella quota parte” di debito pubblico. In tema di spese condominiali, si può fare un parallelo più o simile e che suona così: “il condomino deve pagare le spese condominiali dal momento in cui è divenuto proprietario dell'unità immobiliare”.
Motivo? Le obbligazioni condominiali sono delle obbligazioni propter rem.
Che cosa vuol dire?
Quando è stata chiamata a dare una descrizione di questa particolare tipologia d'obbligazione la Corte di Cassazione ha affermato che essa “sussiste ogni qual volta ad un diritto reale, esclusivo o frazionario, si accompagna una obbligazione, la cui origine si riconduce alla titolarità del diritto sul bene: contestuale titolarità in capo allo stesso soggetto del diritto e dell'obbligo. La connessione tra il diritto e l'obbligo consiste in ciò che, a certe condizioni, l'obbligazione segue le vicende del diritto, trovando la propria ragione d'essere nella titolarità, o nella contitolarità, del diritto reale, in virtù del principio per cui ai vantaggi si accompagnano taluni eventuali riflessi negativi (cuius comoda eius et incomoda). Le obbligazioni dei condomini di concorrere nelle spese per la conservazione delle parti comuni si considerano obbligazioni propter rem, perché nascono come conseguenza della contitolarità del diritto sulle cose, sugli impianti e sui servizi comuni. Alle spese per la conservazione per le parti comuni i condomini sono obbligati in virtù del diritto (di comproprietà) sulle parti comuni accessori ai piani o alle porzioni di piano in proprietà esclusiva. Pertanto, queste obbligazioni seguono il diritto e si trasferiscono per effetto della sua trasmissione” (Cass. 18 aprile 2003 n. 6323).
Il condomino, quindi, salvo dispense di natura negoziale, deve partecipare alle spese condominiali in quanto proprietario dell'unità immobiliare.
All'obbligo di partecipazione deve corrispondere, se così si può dire, un obbligo di informazione; in buona sostanza se è vero, com'è vero, che il condomino deve pagare, per farlo deve anche sapere quanto. In tal senso, quindi, assumono fondamentale importanza nel convocazione alle assemblee di approvazione del preventivo, del consuntivo nonché le comunicazioni di qualunque spese d'interesse condominiale.
Il condomino che non è mai stato informato delle assemblee, delle spese, pur avendo l'obbligo di contribuire alla gestione del condominio ha il diritto di contestare tutto ciò che è stato fatto senza rispettare la legge.
Che poi tradotto vuol dire: chi non ha mai ricevuto notizia di spese condominiali e simili potrà, avendo in mano la documentazione necessaria, impugnare le decisioni assunte senza la sua partecipazione. Ciò, però, rimanderà solamente l'obbligo di saldare i rapporti. Un rendiconto annullato per omessa convocazione è cosa ben diversa d'un rendiconto invalidato perché errato. In pratica: non ha senso contestare a priori quanto richiesto ma è meglio capire se è effettivamente dovuto.



Fonte : condominioweb.com 

Assemblea di condominio, non è possibile modificare il proprio voto una volta che la votazione è stata chiusa

Assemblea di condominio, non è possibile modificare il proprio voto una volta che la votazione è stata chiusa

26/05/2014

In tema di esercizio del diritto di voto e ripensamento in sede di assemblea condominiale, un nostro lettore ci scrive:
Volevo sapere se è possibile cambiare il voto per un punto dell'ordine del giorno già approvato a fine Marzo 2014.
Mi spiego meglio: quando ho ricevuto il verbale della riunione alla quale non ho partecipato personalmente ma per delega, ho appurato che il mio delegato ha votato positivamente ad una spesa di cui potevo fare a meno. Siccome ho visto che i condomini che hanno votato contro, non sono tenuti a pagare, vorrei sapere se è possibile cambiare il mio voto inviando una comunicazione scritta all'amministratore.
La questione postaci dal lettore dev'essere risolta guardando alla problematica sotto due aspetti:
a) esercizio del diritto di voto in assemblea e conseguenze a seguito della deliberazione;
b) esercizio del diritto di voto a mezzo delega.
Diritto di voto in assemblea
Ogni avente diritto a partecipare all'assemblea ha altresì diritto a esprimere il proprio voto rispetto all'argomento posto in discussione. Uniche eccezioni:
a) l'esistenza di un palese conflitto d'interessi tra singolo condomino e condominio;
b) il caso del conduttore che a differenza dei casi di votazione sul riscaldamento centralizzato ha “diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni” (art. 10 l. n. 392/78).
Il diritto di voto si esercita palesanod la propria posizione rispetto allo specifico oggetto della discussione. Tre le possibili soluzioni:
a) favorevole;
b) dissenziente;
c) astenuto.
Il voto in assemblea dev'essere palese altrimenti sarebbe impossibile verificare i quorum deliberativi necessari per quella specifica decisione.
Una volta che s'è votato ed è assunta la deliberazione (della votazione e della deliberazione bisogna dare conto nel verbale, cfr. artt. 1130 n.6 c.c. e 1136, settimo comma, c.c.), il voto non può più essere modificato. L'unica possibilità è insistere chiedendo la convocazione di una nuova assemblea per modificare il proprio voto. La richiesta, per essere vincolante, dev'essere formulata ai sensi dell'art. 66 disp. att. c.c.
La situazione non è molto diversa per il caso di voto espresso per mezzo di un delegato. Con lo strumento della delega (che dev'essere dimostrata per iscritto, cfr. art. 67 disp. att. c.c.), il condomino conferisce ad altra persona il potere di rappresentarlo in assemblea e di votare per suo nome e conto.
Salvo il caso di situazioni di conflitto d'interesse tra delegante e delegato o comunque tra delegato e condominio (cfr. Cass. 18192/09), il voto espresso per delega vale allo stesso modo di quello espresso personalmente.
Di più: solitamente con la delega a partecipare, se non si danno indicazioni di voto, si ratifica preventivamente l'operato del delegato. In buona sostanza il voto, una volta espresso, non può mai essere modificato, salvo nuova votazione sullo stesso argomento in quella od in successiva assemblea.



Fonte : condominioweb.com 

CONCLIENTE Centro Immobiliare Novara

CONCLIENTE Centro Immobiliare Novara

venerdì 23 maggio 2014

RISOLUZIONE DEL CONTRATTO CON PRONUNCIA DICHIARATIVA

RISOLUZIONE DEL CONTRATTO CON PRONUNCIA DICHIARATIVA

Un contratto di locazione a uso non abitativo prevede una clausola secondo la quale il mancato pagamento, anche parziale, della pigione entro venti giorni dalla scadenza produrrà «ipso jure la risoluzione del contratto per fatto e colpa del conduttore, ai sensi dell’articolo 1456 del Codice civile».Il locatore ha diffidato, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, il conduttore al pagamento del canone, avvertendo che, in mancanza, avrebbe trovato applicazione la clausola citata; essendo a oggi scaduto il termine, il contratto deve pertanto intendersi risolto con effetto immediato per colpa del conduttore.In questo caso, è possibile procedere direttamente a comunicare la risoluzione all’agenzia delle Entrate con modello 69 più versamento di 67 euro (con modello F23) oppure, prima di fare ciò, è comunque necessario agire per vie legali ottenendo una sentenza di sfratto da parte del giudice?
A quanto risulta dal quesito, sembra che il locatore si sia limitato ad anticipare al conduttore in ritardo nei pagamenti che, in caso di perdurante inadempimento, si sarebbe avvalso della clausola risolutiva espressa inserita nel contratto. L'azione di risoluzione del contratto, ex articolo 1456 del Codice civile, tende però a una pronunzia di mero accertamento della risoluzione di diritto già maturata in conseguenza dell'inadempimento, previsto come determinante per la sorte del rapporto dalla clausola risolutiva espressa; ma, per il suo accoglimento, necessita anche dell'esplicita dichiarazione della parte adempiente di volersene avvalere. Nella fattispecie, sembra mancare l'elemento essenziale della dichiarazione del locatore. Peraltro, la Corte di cassazione, con la sentenza 25743 del 2013, ha ribadito il principio secondo il quale l'azione di risoluzione del contratto, ex articolo 1456 del Codice civile, tende a una pronuncia dichiarativa, perché implica l'accertamento dell'inadempienza; come tale, non ha l'idoneità di una efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato della relativa decisione. Pertanto, fino al momento della definitività della sentenza di accertamento - che, in quanto tale, deve acquisire quel grado di stabilità che si identifica con il giudicato formale (articolo 324 del Codice di procedura civile), in funzione di quello sostanziale (articolo 2909 del Codice civile) - il rapporto contrattuale permane e con esso, nel caso di contratto a prestazioni corrispettive, l'obbligo del conduttore di continuare a corrispondere il canone. La risoluzione agli effetti fiscali del contratto non risulta, quindi, giustificata e potrebbe essere oggetto di contestazione da parte dell'agenzia delle Entrate.
Fonte : Casa24Plus

INTERESSI DEL MUTUO, LIMITI ALLA DETRAIBILITÀ

INTERESSI DEL MUTUO, LIMITI ALLA DETRAIBILITÀ

Vorrei sapere se posso detrarre gli interessi passivi su un mutuo contratto al 50% con la mia compagna, nel 2006, per l'acquisto della mia abitazione, della quale la mia compagna è comproprietaria al 95% (risultando intestato a me il restante 5 per cento). Il mutuo era per l'acquisto della prima casa da parte della mia compagna, perché all'epoca io possedevo già un'abitazione.Nel 2007 ho venduto quella che era stata la mia prima casa e ho portato la residenza nella mia attuale abitazione, sulla quale ho contratto il mutuo in oggetto.Finora non ho mai detratto la mia quota interessi; li ha detratti solo la mia compagna. Non avendo io altre case, potrei fruire di una detrazione?
Ai fini del diritto alla detraibilità degli interessi passivi, oltre al requisito dell’intestazione del mutuo ipotecario e della proprietà dell’abitazione da parte del contribuente, è necessario che quest’ultima venga adibita ad abitazione principale, propria o di un familiare (il convivente non può considerarsi tale) entro un anno dall’acquisto. Tali presupposti devono coesistere sin dall’origine e non è ammesso che uno di essi sopraggiunga a distanza di tempo rispetto agli altri. Nello specifico, se il contribuente, titolare del 5% dell’immobile, ha di fatto destinato l’unità immobiliare ad abitazione principale (dimora abituale) entro il termine di un anno, avrà diritto a conseguire il beneficio fiscale (commisurato alla quota di intestazione del mutuo ipotecario), a nulla rilevando la contestuale proprietà di un altro immobile o il fatto che qui egli risulti avere la residenza anagrafica, poiché questo dato formale non rappresenta una condizione imprescindibile per la finalità in questione.
Fonte : Casa24Plus

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